giovedì 25 aprile 2013

Peppermill, viva l'hamburger.

Con colpevole ritardo di qualche giorno, vi racconto di una bella serata passata in compagnia, con al centro l'hamburger. Siamo in tanti stasera, circa una dozzina. Ci aspetta un tavolo al Peppermill, a Caronno Pertusella. Il locale è arredato modernamente e con un discreto gusto, ci sediamo già consapevoli che il must della serata sarà la carne, specialità della casa, ma soprattutto l'hamburger in tutte le sue declinazioni. Nell'attesa di ordinare arrivano delle patatine (fresche) fritte, giusto il tempo di stuzzicare qualcosa che gli antipasti sono già in tavola. Taglieri di salumi di buona qualità e gnocco fritto, crostoni con verdure e formaggi, cose semplici ma ben presentate e di buona qualità. Il piatto forte, però, è l'hamburger. Ordino (ed insieme a me quasi tutto il tavolo) il Mega Custom Burger, ovvero 400g di carne di manzo Razza Piemontese Limousine, con farcitura quasi illimitata. Nel mio "finiscono" pomodori, bacon croccante, doppio formaggio, jalapenos e varie salse. Il tutto contornato da una gran quantità di patatine fritte. La carne dell'hamburger è davvero ottima, cotta a puntino e con la giusta succulenza. Un piatto ben presentato e appagante anche alla vista. Il menù propone diverse scelte tra i grandi classici della carne: filetti, costate, T-Bone non mancano mai. Il tiramisù della casa è stata poi la giusta conclusione. Nota di demerito, invece, per il comparto "beverage". La carta del vino riporta poche proposte e per lo più sconosciute, si può fare sicuramente di meglio anche stando attenti al rapporto "qualità-prezzo". Lo stesso si ripete per le birre, poche ed abbastanza anonime. Con questi piatti ci si può e forse ci si deve aspettare una buona proposta di birre artigianali, magari italiane visto che ce ne sono tante e molto buone. In ogni caso, se quello che volete è un grande hamburger, lasciate perdere i fast food e andate a trovare i ragazzi del Peppermill.






Peppermill - Il Piacere della Carne
Via Santa Margherita, 512
21042 Caronno Pertusella (VA)
Tel: 02 9657586






Claudio N.

venerdì 19 aprile 2013

Il senso del gusto nello Champagne.


La Dame du Vin ci porta ancora alla scoperta dei segreti dello Champagne.

Nello champagne il gusto è influenzato soprattutto dall’impatto della CO² (anidride carbonica – biossido di carbonio) con il freddo,  dalla freschezza e dalla sapidità che fanno avvertire sapori fruttati, dal corpo e struttura, indice di una persistenza aromatica intensa e dall’equilibrio di tutti questi fattori, che determinano la finezza di uno champagne.
 
Lo champagne deve essere bevuto a piccoli sorsi, evitando di introdurre troppa aria in bocca, facendolo scivolare sopra la lingua, facendolo scendere ai lati della bocca, e infine “schiacciandolo” contro il palato con un movimento delicato.
 
La degustazione è la sintesi di uno shock termico e di uno shock tattile in cui la sensazione pura di acidità (quindi del flavour agrumato) è favorita dalla presenza della CO².
L’effetto tattile di questa sostanza, il pizzicore o la pungenza, è il primo momento degustativo che interessa il degustatore.
 
La CO² in uno champagne puo’ essere molto accentuata (non positivo), accentuata (non particolarmente positivo) e normale (positivo).
La presenza di questa sostanza ci fa avvertire maggiormente le sensazioni di acidità e le durezze del vino e la percezione di freddo al palato.
 
L’acidità quindi è il fattore fondamentale nella valutazione di uno champagne.
 
Deve essere bilanciata, apportare quella freschezza di gusto che si accompagna alla freschezza olfattiva, dare quella sensazione di equilibrio con gli altri “gusti” dello champagne.
Il palato non deve essere aggredito ma piacevolmente sorpreso con tutte le sfumature di freschezza,, il sapore della mela, pera, pesca noce, una leggera sensazione zuccherina, sensazioni agro-dolci, mielate, tostate, caramellate, morbide, soavi, non ci deve essere “aggressione” del palato, solo una piacevole armonia.
 
La stessa sorpresa che riesce a creare una donna in un uomo solleticando la sua fantasia e le sue sensazioni più nascoste. Una donna dolce, delicata ma allo stesso tempo sensuale e risoluta, che sa giocare con tutti i sensi e li mantiene in equilibrio perfetto….insomma, l’armonia di un sogno!
 
Parola di Dame.




A presto.

Claudio N.

mercoledì 17 aprile 2013

Krudo Food, un'altra delusione comasca.

Ieri sera, tra una giornata di lavoro a Verona ed una lezione dell'Associazione Italiana Sommelier al Grand Hotel di Cernobbio, decido di fermarmi a Como per una veloce sosta/cena. Passo da un primo locale (non lo nomino per ora, lo farò dopo una cena) che non mi fa' cenare in quanto ancora impegnato con l'aperitivo (evito ulteriori commenti) ed arrivo in Piazza Volta al Krudo Food, pieno centro della città a pochi passi dal Lago. Ho necessità di un piatto veloce, fa già abbastanza caldo,  mi faccio ingolosire da un piatto di prosciutto e melone che scelgo da una lavagna (senza prezzi) prima che la gentile cameriera mi porti il menù (errore mio,  bisogna guardare sempre tutto). Arriva un piatto di prosciutto crudo di un colore non ben definito (vedi foto) accompagnato da due fette di melone (certo, non è ancora il periodo perfetto) completamente insipide, insieme ad una presentazione terrificante. Aggiungo una bottiglietta di Acqua Naturale (da 0,25cl). Vado a pagare e spendo 12.50€. Sono di fretta e non mi fermo (sbagliando) a far presente la mia opinione al personale. Certo, mai giudicare solo dalla prima esperienza. Però, un locale con meno di un mese di vita e che si pone come alternativa qualitativa alla proposta fino ad ora presente in città, dovrebbe preoccuparsi fin da subito del proprio biglietto da visita gastronomico, tanto semplice quanto efficace se si tratta di piatti che non richiedono abilità di preparazione ma solo attenzione e gusto nella scelta delle materie prime. Solo così si potrà giustificare un prezzo per ora davvero sproporzionato.




venerdì 12 aprile 2013

Il nostro Vinitaly.


Siamo in pochi di questo mondo (quello del vino) a non aver partecipato al Vinitaly 2013. Chi per un motivo e chi per un altro. Certo, il pensiero di tutta quella gente che degusta allegramente “alla faccia nostra”, in una manifestazione che conosciamo bene, mi fa accendere la lampadina ed ecco l’idea. Il Vinitaly ce lo facciamo da noi. In Taverna. Io, Marco B. , poi Umberto e il grande Dario Borroni. Quattro bottiglie, quattro italiani. Con poca coerenza e molta sete, però, cominciamo subito con uno Champagne per prepararci ai rossi. La Grand Cellier di Vilmart è sempre molto piacevole, il suo giallo paglierino e le sue bollicine intense invogliano subito all’assaggio. Un naso di crosta di pane ci guida ad un bicchiere di agrumi, limone e pompelmo rosa. Un’acidità e una freschezza che gli conferiscono grande facilità di beva che invita da subito a versarne ancora un bicchiere. Torniamo in tema, i rossi (tutti Italiani) sono li ad aspettarci. Ovviamente tutti coperti. Il primo vino è di un rosso granato con riflessi granati, al naso esprime subito note di amarena, una balsamicità accennata ma non troppo marcata con delle dolcezze che riconducono ad una caramella alla menta. In bocca esplodono la liquirizia e decise note di speziatura. Siamo davanti ad un’istituzione del vino italiano, Tignanello di Antinori annata 1998. Ecco il secondo, sicuramente quello che subito si distingue dagli altri nel bicchiere. Si mostra rosso granato scarico con riflessi aranciati, un colore che ci porta ad assumere che, probabilmente, il vino avrà qualche anno in più degli altri. Al naso è semplicemente inebriante. Profumi di olive in salamoia, macchia mediterranea e ginepro che ritornano in bocca con una splendida armonia. Ci stupiamo quando scopriamo che dietro la stagnola si nasconde uno stupendo Barolo Cascina Francia di Giacomo Conterno, annata 1993. Perfetto e  con ancora ampi margini di evoluzione. Passiamo al terzo che vediamo e sentiamo “vicino” al primo.  Colore rosso rubino con riflessi granati; un naso che esprime sentori di terra e delle morbidezze riconducibili alla vaniglia con sfumature di tostato e torrefazione. In bocca non si possono non apprezzare i sentori di amarena sotto spirito e ancora di spezie. Siamo di nuovo in Toscana e sempre nella cantina di Antinori, questa volta con il Marchese Antinori Riserva 2001, davvero in splendida forma. Ultimo rosso, si presenta nel bicchiere di un bel rosso rubino intenso con riflessi granati. Inizialmente sprigiona profumi di solventi che poco dopo scompaiono e lasciano spazio alla caramella toffee e alle spezie. In bocca è morbido (“forse un po’ costruito ma sempre un vinone” afferma Marco B.), subito sentori di cuoio e tabacco. Un tannino ancora molto presente che esprime un grande potenziale evolutivo. Scopriamo la bottiglia ed ecco il top di gamma della cantina sarda Argiolas. Ovvero il Turriga, annata 2001. Abbiamo cominciato con la Francia però. E con la Francia decidiamo di chiudere. Nei bicchieri compare un bianco, cristallino e di un colore oro antico con riflessi dorati, decisamente consistente. Al naso sentori di zafferano in pistilli affiorano inconfondibilmente insieme alla frutta tropicale molto matura. In bocca è fresco e sapido, di ottima persistenza. Grande equilibrio e grande armonia. E di certo non poteva essere altrimenti trattandosi di uno Chateau d’Yquem annata 2000.



Vilmart & C. - Grand Cellier Brut

Antinori - Tignanello 1998


Giacomo Conterno - Barolo Cascina Francia 1993

Antinori - Marchese Antinori Riserva 2001

Argiolas - Turriga 2001


Lur Saluces - Chateau d'Yquem 2000

A presto.

Claudio N.

martedì 9 aprile 2013

Alsazia comunque.


L’occasione di una cenetta di coppia a base di pesce mi stuzzica tanto da decidere di aprire una bottiglia che ho custodito gelosamente per anni. Detto fatto, metto in frigo a raffreddare (non troppo) un Riesling Schoenenbourg di Marcel Deiss, annata 1992. Far invecchiare i vini, ed i bianchi in particolare, è sempre un rischio ed un atto di grande fiducia verso il prodotto e ancora di più verso il produttore. Memore di tanti altri vini di Deiss stappati e sempre con tanti anni sulle spalle mi sento abbastanza fiducioso. Questa volta, però, capisco subito che ci potranno essere dei problemi. Tolgo la capsula e sul collo appare uno strato di muffa che ricopre anche la parte alta del tappo che, già al tatto ed ancora inserito nella bottiglia, appare troppo morbido. Tutto diventa più chiaro appena lo stappo, chiaro passaggio anomalo di umidità che ha danneggiato la tenuta del tappo. Lo verso nel bicchiere. Il colore è splendido, un giallo oro antico con riflessi dorati di notevole consistenza. Anche al naso i sentori non sono affatto male, classico sentore di idrocarburi (diesel) tipico del vitigno Riesling ed anche frutta tropicale matura e miele. Queste premesse, però, non rispecchiano quello che succede in bocca. All’assaggio il vino si mostra completamente scarico di materia e con un iper evoluzione dovuta sicuramente al problema del tappo. Davvero un peccato. Nel vino funziona così, il difetto, il problema, è sempre in agguato. I vini di Marcel Deiss, in questo senso, sono sempre stati una garanzia di pura perfezione. A volte, però, capita anche ai migliori.







Domaine Marcel Deiss
15 Route du Vin, 68750 Bergheim, Francia

lunedì 8 aprile 2013

Addio.

Questo post è solo per ricordare uno dei miti del vino, appena scomparso. Ci uniamo quindi al cordoglio per la perdita di Franco Biondi Santi.




Claudio N.

giovedì 4 aprile 2013

Barbaresco mon amour.


Con Francesco ci spingiamo nella terra del nebbiolo ed in particolare del Barbaresco. Pronti ? 

Sarà, ma a me il Barbaresco piace proprio. In fondo mi ha sempre affascinato quel suo essere così territoriale, la sua eleganza, la sua veste aristocratica ma allo stesso tempo “alla mano”. Insomma, uno di quei vini che ti entrano nel cuore e di cui è difficile stancarsi (ammesso che ci si possa stancare di un vino). In questo periodo qui al nord la primavera tarda ad arrivare e quindi l’altra sera, preso da una curiosa nostalgia “Langarola”, ho deciso di aprire un buon vino piemontese e più precisamente il Barbaresco DOCG “Fausoni “ 2006 dell’Azienda Sottimano.
Che dire, tutte le volte che mi capita di bere un prodotto delle Langhe inizio a pensare all’autunno, ai tartufi, a quel modo di scandire l’esistenza basato sulle stagioni e sui ritmi della natura, alle tradizioni di quel territorio ed infine immagino la fatica che il vino comporta, il fatto che chi vive di questo lavoro non ha week end fuori porta, ma deve donare la sua vita alla natura, ed è solo così che una volta aperta una bottiglia ne percepiamo quel sottile lato romantico fatto di sacrificio e passione, ma veniamo al Vino : nel bicchiere è bellissimo, consistente (più avanti scopro che l'alcool è presente al 14,5%), di un rosso granato scarico che fa esclamare solo una parola : “NEBBIOLO”. Al naso questa parola diventa sempre più forte, partendo dalle prime note di viola appassita, passando dai frutti di bosco per poi terminare con quell'aroma di tabacco che tanto mi fa venir voglia di “ascoltare” il vino; in bocca ha ancora l’acidità ed il tannino della gioventù (in fondo è ancora un adolescente), ma rivela già grande piacevolezza e finezza, arricchita da un’ottima persistenza che lascia nel mio palato aromi di bocca splendidi e seducenti.
Per concludere, un vino che ha bisogno di tempo, ma che già ora può dare molto al nostro palato e che sicuramente troverà spazio accompagnando piatti di notevole struttura.

Santé
Francesco P.



Azienda Agricola Sottimano
Località Cottà, 21
12052 – Neive (CN)
Tel.0173 -635186
E-mail – info@sottimano.it


A presto, sempre con i racconti de La Taverna di B.

Claudio N.

mercoledì 3 aprile 2013

Somma di passioni.


La passione per il vino non è l’unica che mi unisce a Marco B. Ce ne è almeno un’altra e si chiama calcio, anzi nel nostro caso si chiama Juventus. Spesso e volentieri le partite della nostra squadra del cuore diventano una scusa bella e buona per trovarci e, tanto per cambiare, stappare qualcosa di interessante. E se, come ieri sera, le cose non finiscono troppo bene (calcisticamente), ci auguriamo sempre che il vino possa “guarire” le nostre ferite sportive. Per fortuna, ieri sera, il vino “ ci ha messo una pezza”. Ci sediamo a tavola che la partita sta per iniziare, siamo concentrati. Nulla però ci vieta di sorseggiare e addirittura di sperimentare. Si perché Marco tenta un abbinamento che alla fine non risulterà per niente fuori luogo. Due piccole e soffici trecce di mozzarella insieme al Erdener Treppechen Riesling Spatlese di Meulenhof, annata 1992 direttamente dal cuore della tedeschissima Mosella (tanto per restare in tema). Nel bicchiere si presenta giallo dorato non troppo carico con riflessi dorati mostrando già nel bicchiere una bella consistenza. Al naso emergono subito i piacevolissimi sentori di idrocarburi tipici del vitigno, seguiti da frutta tropicale matura. Ananas e lytchees in particolare. In bocca ripresenta queste sensazioni e si dimostra abbastanza persistente (ricordatevi che è un 1992). E ancora una discreta acidità che ne favorisce la piacevolezza di beva! Un vino assolutamente fine ed armonico che incontra pienamente i nostri gusti. La partita si mette male quasi da subito e procede peggio, per fortuna il vino si comporta al contrario. Infatti dopo il riesling di cui sopra ci aspetta una (speriamo) grande bottiglia. Stappiamo allora un Barbaresco Santo Stefano di Neive 1997 di Bruno Giacosa, bottiglia numero 3695 delle 10860 prodotte in quell’annata insieme a 1500 magnum e a 200 jeroboam (3lt). Nonostante l’annata 1997 non sia tra quelle più importanti per la zona il vino si presenta nel bicchiere ancora rosso rubino, certo scarico e con dei riflessi granati ma certamente in forma e con una buona consistenza. A pochi minuti dalla sua apertura sprigiona dei sentori di “chiuso” che poco dopo scompaiono per lasciare spazio a note di caffè, di spezie e chiodi di garofano e ancora note balsamiche intrigati ed anche erbe officinali. In bocca è di una delicatezza commuovente, la sensazione di un tessuto di seta. Un tannino fine ed ancora presente, una bocca equilibrata e di grande finezza che ripresenta appieno le sensazioni olfattive. Eccellente e appassionante. Grazie a questi due vini la sconfitta sembra (forse) meno amara.



Meulenhof - Erdener Treppchen Riesling Spatlese 1992



Weingüter
Meulenhof& Stephan Ehlen
FamilieJusten
ZurKapelle 8
54492 Erden
Germany
phone: +49 (0) 6532-2267
fax: +49 (0) 6532-1552



Bruno Giacosa - Barbaresco Santo Stefano di Neive 1997



BRUNO GIACOSA
Via XX Settembre, 52
Neive (Cn) - Italia
Tel. +39 0173 67027
Fax +39 0173 677477

lunedì 1 aprile 2013

Sempre di Domenica.


Un nuovo appuntamento con le degustazioni di Francesco che, questa volta, ci porta in Piemonte.

E' sempre interessante la domenica, ma in particolare il momento migliore è proprio prima del pranzo, quando i fornelli sono a pieno regime, gli aromi di cucina saturano l'ambiente ed una bottiglia (spesso impolverata) compare in mezzo alla tavola, pronta per essere analizzata dai miei occhi curiosi. Con la solita scusa di assaggiare il vino per sapere se è “tutto a posto”, mi procuro un buon bicchiere da degustazione ed il mio percorso enomentale ha inizio. 
Nel bicchiere si presenta (il vino) rosso rubino con riflessi rubino, grande consistenza ed una limpidezza impeccabile; al naso è un'esplosione di frutta in confettura (in particolare frutti di bosco), spezie dolci come la vaniglia e la cannella, in più sul finale percepisco una leggerissima sensazione terziaria che mi ricorda vagamente il caffè; in bocca l'acidità è grandissima, ma è bilanciata da una grande materia che a tratti sembra quasi far “mangiare” il vino. Più lo sorseggio e più sento un finale di bocca equilibrato, con note di frutti di bosco ed una leggera liquirizia che rendono la beva di questo nettare piacevolissima, tanto che mi ero semplicemente offerto per un assaggio ed ora mi ritrovo a bere con piacere il secondo bicchiere (chissà perchè poi finisce sempre nello stesso modo).
Il Vino che ha saputo rendere così piacevole la mia domenica pasquale è la Barbera d'Asti DOC Superiore Nizza “Dedicato a...” annata 2007 dell'Azienda Agricola Villa Giada di Andrea Faccio, prodotto utilizzando la Barbera al 100%. Per questo prodotto la fermentazione avviene utilizzando vasche di acciaio a temperatura controllata in cui il mosto rimane a contatto con le bucce per almeno 3 settimane, successivamente si crea un fermentazione malolattica “spontanea”, dopo di che il vino riposa per 18 mesi in piccole botti di rovere e finisce la maturazione in bottiglia per un anno, prima della messa in vendita.
L'azienda in questione esiste da oltre due secoli, i vini sono lo specchio del territorio dell'astigiano, in quanto la tecnologia moderna è al servizio della tradizione e della tipicità e non il contrario (grazie a Dio). L'azienda ha sede a Canelli e possiede 25 ettari di vigneti coltivati ad agricoltura “biologica”, chissà che in uno dei miei lunedì non vada a fare una bella visita in cantina per respirare appieno la bellezza di quelle terre.

Dedicato a...- Azienda Agricola Villa Giada 



Francesco P.
Azienda Agricola Villa Giada
Canelli(AT) – regione Ceirole n.10

Tel – 0141 831100


A presto con Francesco P. e tutti gli altri protagonisti de La Taverna di B.

Claudio N.